Flori è arrivata una mattina di
febbraio, poco prima del mio compleanno, una di quelle belle mattine di sole
che preludono già alla primavera, così frequenti sull’isola.
Gianni l’aveva trovata la mattina
presto in campagna, quando era andato a dare da mangiare al cavallo, sola e
spaurita e - chissà cosa gli era passato per la testa - l’aveva raccolta e
portata da me al lavoro. Era passato dal retro e, senza darmi il tempo di
ribattere e di capire, me l’aveva messa in braccio chiedendomi con quel suo
sorriso da lestofante:- Me lo tieni fino alla chiusura,
per favore?
Che potevo fare? Si era
allontanato velocemente mentre gli gridavo:- Vieni prima delle due! E non
tentare di fregarmi!
Era piccolissima, un fagottino
dal pelo lungo bianco, nero e con qualche sfumatura color tabacco, gli occhi
scuri e tondi, i più dolci e i più grandi che io avessi mai visto e un
incredibile tartufo rosa a pois neri. In seguito poi, con il passare dei mesi,
i pallini neri presero il sopravvento sul rosa fino a coprirle
completamente il naso, facendolo così diventare un grosso tartufone nero.
L’avevo messa in una scatola di
cartone e mentre servivo i clienti le lanciavo sguardi distratti.
Si era appallottolata, sembrava ancora più piccola e si era addormentata. Le
ore erano trascorse velocemente e quando è arrivato il momento di chiudere, di
Gianni non c’era traccia. Avevo provato a rintracciarlo e lui, con voce esitante,
mi aveva chiesto al telefono:- Non potresti tenermelo fino al
pomeriggio? Sono fuori città e non riesco ad arrivare in tempo!
A quel punto mi ero davvero
seccata. Ho pensato che cercasse di fregarmi e, conoscendo il mio cuore tenero,
di mollarmi il cucciolo. Non avevo la minima intenzione di tenerlo, sarei
andata a casa a pranzo e nel pomeriggio, volente o nolente, Gianni sarebbe
dovuto passare a riprendersi il cane.
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